I cereali costituiscono un pilastro su cui è basata da millenni l’alimentazione della maggior parte dell’umanità. Questi vegetali, tuttavia, hanno subito profondi cambiamenti dal tempo in cui si sono affermati nella dieta umana ad oggi. Queste modificazioni sono state introdotte eminentemente tramite il processo di selezione operato dall’uomo che ha privilegiato varietà con sempre maggiori rese agronomiche e qualitative. Attualmente si assiste però ad un crescente interesse verso varietà di frumento di vecchia costituzione. Questo fenomeno da un lato è dovuto ad interessi di tipo economico legati al rilancio di prodotti “di nicchia” e dall’altro, ad una supposta superiorità nutrizionale/alimentare di queste varietà. Tuttavia le conoscenze biochimiche in generale, e specificatamente quelle relative al loro potere nutrizionale sono spesso vaghe se non contraddittorie.
Esistono tuttavia dei fattori che, apportando un valore aggiunto ai derivati alimentari di questi cereali, li rendono oggi sicuramente interessanti. Per esempio alcuni cereali primitivi mostrano una maggiore resistenza all’attacco di parassiti e patogeni come anche la capacità di crescere in ambienti più ostili rispetto alle varietà moderne (1, 2). Questo potrebbe essere collegato ad una più elevata quantità di proteine di difesa, spesso caratterizzate da proprietà antinutrizionali e allergeniche. Per esempio, alcune delle proteine della famiglia degli inibitori dell’amilasi/tripsina sono descritte come coinvolte nello scatenamento della malattia nota come “asma del panificatore” (3-7) ma anche in alcune forme di allergia di tipo alimentare (8-11).
Sempre sotto questo punto di vista, bisogna anche considerare che l’espressione delle proteine di difesa può variare a seconda delle modalità di coltura e che quindi i diversi trattamenti agronomici possono avere effetti sull’espressione di fattori antinutrizionali ed allergeni (12).
Nei confronti delle diverse varietà di frumento (allevate con modalità agronomiche differenti) è quindi auspicabile valutare e comparare i diversi contenuti in allergeni e fattori antinutrizionali. Questo potrebbe essere realizzato secondo un approccio recentemente proposto dalla FAO (2001) (13) e comunemente applicato ad alimenti “nuovi” o derivanti da OGM.
Questo approccio consiste in un insieme di linee guida grazie alle quali è possibile valutare la sicurezza di alimenti di nuova introduzione sul mercato ed in particolare per la determinazione del rischio allergenico di alimenti derivanti da organismi geneticamente modificati. Di fatto, si tratta di analizzare in successione alcune caratteristiche del nuovo alimento tra le quali, la digeribilità delle proteine. Il razionale di questa analisi si basa sulla considerazione che una proteina rapidamente digerita dovrebbe avere meno tempo per esercitare effetti biologici indesiderati sull’organismo che se ne nutre. Al contrario un allergene od una proteina antinutrizionale dovrebbe avere la capacità di resistere per un tempo considerevole ai trattamenti con succhi enterici. Questa ipotesi è stata dimostrata da numerosi studi condotti utilizzando digestioni in vitro con succhi gastrici simulati (14-20). La resistenza al pH acido ed alla pepsina (succo gastrico simulato: SGS) è considerata non solo indicativa della potenziale capacità di una proteina di giungere immodificata all’intestino tenue ma anche di resistere nell’ambiente intracellulare durante il processamento macrofagico potendo quindi agire come elicitore di una risposta immune (21-24). Il metodo di predizione del potenziale allergenico/antinutrizionale basato sull’impiego del SGS offre vantaggi e svantaggi. A suo favore giocano sicuramente considerazioni basate sul basso costo e la semplicità di realizzazione mentre aspetti negativi sono stati evidenziati in casi specifici. Ad esempio proteine prive di attività biologica sono state talvolta descritte come resistenti alla digestione in vitro, mentre comprovati allergeni alimentari si sono dimostrati sensibili, come nel caso della patatina (Sol t 1, secondo la nomenclatura IUIS, International union of immunological societies), un noto allergene della patata che è stato dimostrato non resistente ai trattamenti con SGS (25). La discrepanza tra i risultati ottenuti con i SGS e la reale allergenicità di una proteina (come anche qualsiasi altra persistenza di attività biologica dopo ingestione) sono stati ascritti alle diverse procedure utilizzate dai diversi gruppi di ricerca (17). Oltre alla necessaria standardizzazione dei trattamenti con SGS, bisogna anche considerare che piccole modificazioni della struttura proteica possono influire sulla sua suscettibilità all’azione di una proteasi. Sotto questo punto di vista bisognerebbe anche considerare come non sia possibile comparare l’effetto di un enzima proteolitico su una proteina purificata con quello ottenibile sulla medesima proteina introdotta in una matrice complessa come un alimento (26). Andrebbe cioè considerato come i trattamenti tecnologici possano modificare la solubilità, lo stato aggregativo, la conformazione, le interazioni con altri componenti di ogni singola proteina. Infine andrebbe valutato anche il reale stato in cui si trova una proteina durante il transito gastro-intestinale. Recentemente alcuni autori, considerando l’eterogeneità biochimica di un pasto normale, hanno mostrato come una serie di proteine allergeniche, tra cui l’inibitore delle amilasi di frumento CM3, vengano assorbite da emulsioni gastriche modello indicando come questo fenomeno possa avere un ruolo nell’incrementare la resistenza alla digestione peptica di queste proteine (27). Una emulsione di grassi in acqua potrebbe infatti modificare fortemente il profilo di digestione di una certa proteina contribuendo alla sua denaturazione o modificando l’accessibilità dei siti di idrolisi (28).
Lo scopo della ricerca che qui viene proposta è quello di indagare sugli effetti della digestione enterica su noti allergeni e fattori antinutrizionali propri delle diverse varietà di frumento duro. La comparazione dei risultati ottenuti con prodotti alimentari realizzati con diverse varietà del cereale permetterà la reale valorizzazione dei diversi genotipi.